Tutti i timori della Cina su intelligenza artificiale e app
Lanciare un’app in Cina sarà (ancora) più difficile. Pechino infatti, oltre alla regolamentazione sull’intelligenza artificiale, ha annunciato nuove misure per accrescere la vigilanza sul settore tecnologico affinché niente sfugga al controllo del governo. Tutti i dettagli
19 Agosto 2023 08:04
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Per lanciare un’app in Cina gli sviluppatori, sia nazionali che stranieri, dovranno riferire al governo i dettagli della propria attività. A stabilirlo sono le nuove norme annunciate da Pechino nel tentativo di aumentare la vigilanza sul settore tecnologico.
Non solo. Le maglie si stringono anche per tutti coloro che forniscono servizi di informazione online che vanno dalle notizie all’editoria, dai film alla televisione, fino all’istruzione e alla religione.
GIRO DI VITE
Il controllo della Cina in ambito tecnologico si fa sempre più aspro. Additando la motivazione di voler reprimere le frodi online, il ministero dell’Industria e della tecnologia dell’informazione ha annunciato che gli sviluppatori, sia nazionali che stranieri, dovranno presentare al governo cinese informazioni commerciali circa il prodotto o l’app che intendono immettere nel mercato.
Anche Tencent, proprietario di WeChat, il WhatsApp cinese, ha fatto sapere che le nuove norme non escluderanno nemmeno le mini-app, ovvero le applicazioni che possono essere aperte all’interno di WeChat.
Secondo quanto riportato da Reuters, le app esistenti avranno tempo fino a marzo 2024 per presentare i documenti richiesti mentre quelle che vorranno essere lanciate in futuro, a partire da settembre, dovranno presentare i documenti prima del rilascio. Le mini-app in uscita, invece, avranno tempo fino alla fine di marzo.
Inoltre, da aprile a giugno del prossimo anno, verranno ispezionati gli archivi degli sviluppatori e i trasgressori potrebbero essere soggetti a sanzioni, non meglio specificate.
Ma il giro di vite non si limita alle app. Secondo le nuove regole anche coloro che forniscono servizi di informazione online avranno l’obbligo di presentare dei documenti all’ufficio provinciale di gestione delle comunicazioni in cui hanno sede.
LA CINA COME LA RUSSIA
Tanto quanto in Russia, anche in Cina social media quali Facebook, Instagram e Twitter sono banditi. Tuttavia, sono ancora disponibili per il download dagli app store e per l’utilizzo attraverso una VPN, ovvero una rete privata che mascherando l’identità e la posizione dell’utente, permette di aggirare le restrizioni. La nuova politica sulle app però renderà probabilmente più difficile questa pratica.
Inoltre, osserva Quartz, il requisito della registrazione locale è particolarmente complicato. Le aziende estere dovranno infatti avere una base in Cina o rivolgersi a un partner nazionale per conformarsi alle nuove regole, come spiegato da Rich Bishop, Ceo di AppInChina, una società che aiuta le applicazioni straniere a essere rilasciate nel Paese.
Anche in Russia le aziende straniere di social media devono aprire una filiale nazionale per continuare a operare.
LA PAURA E LA STRETTA DI PECHINO SULL’IA
Tra l’altro, dal 15 agosto è previsto che in Cina entri in vigore la prima normativa che regola l’intelligenza artificiale. Motivo per cui, a luglio, Apple ha ritirato dal suo app store oltre 100 app di IA generativa, che per essere disponibili nel Paese dovranno ricevere il via libera del ministero dell’Industria e della tecnologia dell’informazione.
Ma questo tipo di restrizioni non sono nuove a Pechino. Come ricorda Quartz, già nel 2020, Apple ha rimosso oltre 46.000 app dal suo app store cinese per evitare di violare una precedente serie di nuovi requisiti di licenza.
La recente mossa, ha raccontato lo sviluppatore di OpenCat, è arrivata in seguito a un avviso da parte di Apple che, nel suo caso, lo informava di aver eliminato la sua app per “contenuti illegali in Cina”. Il colosso di Cupertino ha infatti inviato una lettera in cui scriveva: “Come forse sapete, il governo ha inasprito le norme relative alle tecnologie di sintesi profonda (DST) e ai servizi di IA generativa, tra cui ChatGPT. Le DST devono soddisfare i requisiti di autorizzazione per operare in Cina, tra cui l’ottenimento di una licenza da parte del ministero” e “in base al nostro esame, la vostra app è associata a ChatGPT, che non ha i permessi necessari per operare in Cina”.
L’IA rappresenta infatti per Pechino una minaccia che deve assolutamente controllare affinché un chatbot non destabilizzi l’ordine nazionale. Non a caso, come previsto dalla regolamentazione, “i contenuti prodotti dall’IA generativa devono essere in linea con i valori socialisti fondamentali del Paese”.
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