Come sono i nuovi equilibri interni a OpenAI dopo il balletto di Altman
Sullo sfondo c'è sempre Q* e anche la capacità di Altman di avere pressoché tutta l'azienda dalla sua parte
27/11/2023 di Gianmichele Laino
C’è una sorta di triangolo in vista: Sam Altman, OpenAI (o – meglio – la parte dell’azienda minoritaria che avrebbe voluto fare a meno del CEO) e Microsoft. Il convitato di pietra sembra essere Q* il progetto di intelligenza generale artificiale che l’azienda che ha realizzato ChatGPT vorrebbe ulteriormente implementare e portare in produzione, anche se questo dovesse rappresentare un problema di carattere etico rispetto alle potenzialità dell’intelligenza artificiale sul genere umano. Dopo la scorsa settimana, che si è aperta con l’allontanamento di Altman dal board di ChatGPT, che è proseguita con la soluzione di Microsoft e che si è conclusa con una clamorosa marcia indietro di OpenAI che ha consentito allo stesso Altman di tornare al suo posto, è opportuno rivedere a che punto sono gli equilibri interni dell’azienda e come sono cambiati dopo questa – di fatto – manifestazione di forza del numero uno di OpenAI.
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Nuova posizione di Sam Altman all’interno di OpenAI: come si è rafforzato il suo ruolo
Innanzitutto, Sam Altman ha svelato di essere uno sponsor estremamente convincente di Microsoft. Non è stato un caso, in effetti, che all’indomani della notizia della sua “cacciata” da OpenAI, il colosso di Redmond fosse pronto a dargli un ruolo dirigenziale per potenziare i suoi investimenti nel settore dell’intelligenza artificiale e trasformare OpenAI da collaboratore su cui puntare una fiche da 10 miliardi di dollari a competitor. Per questo motivo, si può dire che la prossimità di Altman con l’azienda fondata da Bill Gates sia stata determinante per qualsiasi mossa successiva. Microsoft ha saputo far leva anche sul malcontento dei dipendenti di OpenAI: in 700 avevano scritto una lettera ed erano pronti a raggiungere il proprio CEO (con il beneplacito della stessa Microsoft) nel caso in cui Sam Altman fosse stato mandato via.
Va da sé, dunque, che Altman – testa di ponte di Microsoft in OpenAI – ora sia più saldo che mai al comando, con una dimostrazione di forza che va ben oltre il fatto di essere stato fondatore di un’azienda di cui, tuttavia, non è socio (per la sua particolare struttura aziendale). Ma cosa si fa con la minoranza che voleva farlo fuori? Di fatto, sono stati proprio loro a pagare le spese di questo colpo di mano (o colpo di Stato?) non riuscito. Praticamente, tutti quelli che avevano votato per l’esclusione di Sam Altman dalla sua posizione dirigenziale in OpenAI sono stati sostituiti, in quello che può essere legittimamente considerato un vero e proprio ribaltone. Tuttavia, per evitare che l’azienda possa essere appiattita esclusivamente su questa posizione maggioritaria, la persona che aveva votato contro Altman e che è rimasta in sella è Adam D’Angelo. Quest’ultimo rappresenta, ormai, la minoranza di OpenAI, vigila su quei processi che danno una maggiore importanza all’etica rispetto al profitto, ha il compito di fare da contraltare alle decisioni future. A meno che, prima o poi, non passi dall’altra parte a forza della sua frequentazione con quest’ultima.
Indipendentemente dal fatto che la scelta di Sam Altman fosse dipesa o meno dal ruolo che avrà Q* nello sviluppo di OpenAI, è sicuro che questa resa dei conti interna ruotasse attorno alla maggiore portata etica da dare alle nuove direttrici dell’azienda. Chi ha cercato di frenare il progresso economico-finanziario e – quindi – tecnologico di OpenAI ha dapprima fatto la voce grossa, ma poi si è trovato con un pugno di mosche in mano.
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