Sette libri su innovazione, lavoro e AI da leggere (e regalare)
Industria 4.0 e 5.0, il lavoro che cambia anche sotto la spinta dell’AI, il capitale relazionale, la ‘innovationship’, il PNRR: sono alcuni dei temi su cui si concentrano le sette letture sull’innovazione che consigliamo per queste festività di fine 2023
Pubblicato il 22 Dic 2023
Le reti costruite sulle persone e sulle loro interazioni, l’Industria 4.0 e 5.0, i nuovi lavori, i nuovi modelli che guidano l’innovazione: sono alcuni dei temi trattati in diversi libri e saggi usciti nel corso del 2023. In questo articolo ve ne consigliamo sette da scegliere come regalo ai vostri cari o a voi stessi per queste vacanze natalizie.
Indice degli argomenti
- Innovationship di Federico Frattini e Benedetto Buono
- Licenziate i padroni di Marco Bentivogli
- Potere e progresso di Daron Acemoglu e Simon Johnson
- Come l’intelligenza artificiale cambia il mondo di Stefano Machera
- L’Era del PNRR di Giordano Guerrieri
- Cybersicurezza di Gabriele D’Angelo e Giampiero Giacomello
- Cloud Empires di Vili Lehdonvirta
Innovationship di Federico Frattini e Benedetto Buono
L’innovazione è sempre più aperta, collaborativa, basata sullo scambio di conoscenze, idee e risorse. Le relazioni diventano una risorsa fondamentale per alimentare processi di innovazione aperti e collaborativi. In un mondo in cui il capitale finanziario e quello tecnologico sono sempre più disponibili e accessibili, la risorsa critica per fare innovazione è il capitale relazionale. Attraverso le relazioni si coltivano e si alimentano il talento e la creatività, ingredienti fondamentali di ogni processo di innovazione di successo.
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È questa la strada da seguire, indicata e ben argomentata da Federico Frattini e Benedetto Buono nel loro ‘Innovationship’ – ovvero ‘L’innovazione guidata dal capitale relazionale’, come spiega il sottotitolo –, pubblicato da Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi. Frattini è professore di Strategia e innovazione al Politecnico di Milano, Dean della Polimi Graduate school of management, co-fondatore e co-direttore di Energy & Strategy, centro di ricerca del Politecnico milanese. Buono è direttore del Professional program in business networking della Polimi Graduate school of management e fondatore di Buono and Partners.
Ma che cosa è il capitale relazionale? In che cosa consiste? È un asset di valore costruito sulle persone e sulle loro interazioni, “reti, amicizie, appartenenze, impegno civico, flussi informativi e istituzioni, che favoriscono la cooperazione e le azioni collettive a vantaggio reciproco e contribuiscono alla crescita economica”, per usare le parole degli studiosi Bhandari e Yasunobu.
“L’innovazione è un processo che ha una natura fondamentalmente sociale”, rimarca Frattini, “si realizza attraverso interazioni tra individui che si scambiano esperienze e punti di vista, interagiscono con la tecnologia per testare, adattare e far evolvere il proprio bagaglio di conoscenze, e in questo processo identificano soluzioni inedite”. In più, la storia di molte startup e imprese di successo ci dice che “il ruolo del capitale relazionale è molto importante e forte, spesso ancora di più all’inizio del percorso di crescita e sviluppo”, sottolinea Frattini, che nel libro tratteggia e propone “una figura ancora da immaginare: il Chief Networking Officer”. Una figura professionale che ancora non esiste e che non è stata ancora codificata, con i tratti di “una figura manageriale senior, che faccia parte dei vertici aziendali e che abbia la responsabilità sulla gestione strategica del capitale relazionale per l’innovazione”.
Licenziate i padroni di Marco Bentivogli
A leggere solo il titolo, ‘Licenziate i padroni’, qualcuno può pensare che l’autore ed ex leader sindacale, Marco Bentivogli, abbia delle nostalgie per il clima da Anni ’70 del secolo scorso, quando ‘i lavoratori’ combattevano la loro lotta di classe contro ‘i padroni’. Ma il nuovo libro di Bentivogli, pubblicato da Rizzoli, non è né nostalgico né fuori dal tempo, perché si riferisce invece a ‘come i capi hanno rovinato il lavoro’, come evidenzia il sottotitolo del volume.
E Bentivogli spiega subito: “i ‘padroni’ a cui mi riferisco non sono una categoria: ‘padrone’ è chi si comporta come tale. Per quanto mi riguarda, ho sempre pensato che fosse più utile valorizzare la maggioranza degli imprenditori che rispetta la dignità delle persone, che ne assicura la crescita”. Fa invece notare che – finite da quarant’anni le lotte di classe in piazza –, troppo spesso questo ancora non avviene. E un atteggiamento ‘padronale’, nella peggiore accezione del termine – quando agli incarichi e ruoli di vertice non corrispondono qualità e meriti –, nelle imprese e organizzazioni in cui continua, danneggia sia i singoli lavoratori e la loro carriera, sia l’innovazione e lo sviluppo delle stesse aziende. Che, quando sono guidate da vertici mediocri e non meritocratici, non hanno le carte in regola per migliorarsi e reggere la concorrenza di quelle virtuose.
Anche per evitare o correggere tutto ciò, sostiene Bentivogli, bisogna “alzare il punto di incontro tra impresa e lavoro organizzato con la scelta della partecipazione”. La partecipazione “migliora la qualità delle decisioni perché è una sfida tra parti che hanno accesso simmetrico alle informazioni e l’obbligo di confronto”. Come dimostrano innumerevoli ricerche, “la partecipazione rafforza la qualità del management, non solo sul piano sociale ma anche su quello della gestione industriale e finanziaria”.
E per quanto riguarda l’evoluzione tecnologica, l’AI abilita l’automazione dei processi e sta cambiando la natura del lavoro. “Lo sforzo da fare”, indica l’autore, “è concentrare l’attenzione su come l’intelligenza artificiale stia ridisegnando la forma e il contenuto del lavoro. Le conseguenze ulteriori e le Policy necessarie sono importanti, ma successive a questa riflessione”.
Potere e progresso di Daron Acemoglu e Simon Johnson
La società “deve smettere di lasciarsi incantare dai miliardari dell’high-tech e dalle loro priorità. I dibattiti sulle nuove tecnologie non dovrebbero ruotare esclusivamente intorno alla genialità dei nuovi prodotti e algoritmi, ma sollevare anche interrogativi per stabilire se operano nell’interesse delle persone o a loro danno”. È questa una delle urgenze messe in evidenza da ‘Potere e progresso’, saggio degli economisti Daron Acemoglu e Simon Johnson, stampato in Italia da Il Saggiatore.
I due studiosi mettono in guardia: “decidere se le tecnologie digitali debbano essere utilizzate per automatizzare il lavoro e conferire potere a grandi imprese e governi non democratici non è una questione da riservare a uno sparuto gruppo di imprenditori e ingegneri”. Non c’è bisogno di essere un esperto di intelligenza artificiale per far sentire la propria voce in merito alla direzione del progresso e al futuro della nostra società, plasmato da queste tecnologie. E non occorre essere un investitore tecnologico o un capitalista di ventura per chiamare gli imprenditori e gli ingegneri high-tech a rispondere dei risultati che producono le loro invenzioni.
Le scelte sulla direzione della tecnologia “dovrebbero far parte dei criteri che gli investitori applicano per valutare le aziende e i loro effetti”, fa notare il libro proposto da Il Saggiatore: “i grandi investitori possono esigere trasparenza per capire se le nuove tecnologie automatizzeranno il lavoro o creeranno nuove mansioni, se monitoreranno i lavoratori o daranno loro potere, e come influenzeranno il discorso politico e altri risvolti sociali”.
Non sono decisioni di cui gli investitori dovrebbero preoccuparsi soltanto in virtù dei profitti che generano: “una società a due livelli, con una piccola élite e una classe media in via di estinzione, non è una buona base per la prosperità o la democrazia”. È tuttavia possibile rendere le tecnologie digitali “utili agli esseri umani e aumentare al tempo stesso la produttività, in modo che anche la scelta di investire in tecnologie che coadiuvano gli esseri umani possa essere redditizia per le aziende”.
Come l’intelligenza artificiale cambia il mondo di Stefano Machera
L’Intelligenza artificiale “è una straordinaria benedizione o una micidiale minaccia?”, si chiede e chiede Stefano Machera, nel suo ‘Come l’intelligenza artificiale cambia il mondo’, edizioni FrancoAngeli.
E osserva: “credo che questa sia una domanda sbagliata. Il compito che abbiamo in questo momento non è fare un pronostico e aspettare gli eventi per vedere se avremo avuto ragione; piuttosto, dobbiamo capire cosa bisogna fare perché l’IA si dimostri una benedizione per l’Umanità, e farlo”.
In pratica, non dobbiamo rifiutare il mondo che l’IA ci promette. Già solo i benefici che possiamo attenderci in ambito sanitario e farmaceutico sono senza precedenti, e gli altri campi di applicazione dell’IA sono innumerevoli. “Più in generale, la prospettiva di una società in cui il lavoro non sia più un elemento centrale può sembrarci destabilizzante, ma vuol dire che se decidiamo di riprogettare la nostra organizzazione sociale possiamo liberare l’Umanità dalla biblica condanna di lavorare per vivere. Perché dovremmo accettare che la nostra incapacità di cambiare ci impedisca di migliorare la nostra vita?”, rileva il volume di FrancoAngeli.
Per poi sottolineare: “sarà facile? No. La politica è lenta e miope, concentrata su misure di modesto rilievo per ottenere consensi a breve termine; d’altra parte, le aziende che dovrebbero pagare le imposte necessarie per finanziare la trasformazione sono grandi, potenti e globali, e potrebbero usare la propria influenza per evitare la loro responsabilità sociale. È dalla condivisione di questo pessimismo consapevole che occorre partire. Se noi cittadini non siamo consapevoli, non saremo in grado di scegliere, e far scegliere, la strada verso il futuro che desideriamo. C’è molto da fare e da riprogettare, sperando un giorno di poterci unire all’ottimismo consapevole che il fisico Max Tegmark, nel suo libro ‘Vita 3.0’, dichiara di nutrire, e che oggi mi sembra francamente prematuro”.
L’Era del PNRR di Giordano Guerrieri
‘L’Era del PNRR’, oltre che il libro di Giordano Guerrieri, stampato da Mondadori Electa, è il periodo storico che stiamo vivendo, iniziato con la definizione del Piano di ripresa e resilienza, che si concluderà con la fine del Piano stesso. Ma, “quest’Era non è segnata solo dal PNRR, bensì dalla presenza di innumerevoli opportunità finanziarie per le piccole e medie imprese”, rimarca l’autore: “opportunità che devono essere colte”, ma per farlo è necessario “tenersi aggiornati, formarsi e impostare il modo di fare business in maniera leggera, rapida, esatta, visibile, molteplice e affidabile”.
L’Era del PNRR è anche una sorta di banco di prova, un trampolino di lancio. Perché? Perché la pandemia e la crisi che ne è seguita hanno messo in evidenza tutti i punti deboli della nostra piccola imprenditorialità. Un’imprenditorialità ancora legata a vecchi schemi, aggrappata all’obsoleto “ho sempre fatto così” che la stava facendo annegare. In questi anni, non facili per altre emergenze e tragedie, dalla guerra in Ucraina a quella tra Hamas e Israele, il Paese e le sue imprese cercano di voltare pagina e il rilancio, su scala nazionale e internazionale. L’obiettivo del PNRR è proprio questo, e il libro di Guerrieri fornisce un’ampia serie di suggerimenti e considerazioni per cavalcare con successo quest’onda di cambiamento e trasformazione.
Le ‘bussole’ possibili e utili sono diverse, a cominciare dai risultati aziendali di maggiore successo: oltre ai casi storici di Ferrero e Luxottica, da Lu.Ve a Mondadori, passando per Brembo, per Acqua Sant’Anna, fino ad arrivare al Gruppo Percassi, sono tanti gli imprenditori pronti ad agire proattivamente, tanto da poter offrire ai loro dipendenti anche incentivi di vario genere. Seguire l’esempio, le cosiddette ‘buone pratiche’, e conoscere le opportunità a disposizione sono due leve importanti per ogni azienda.
Cybersicurezza di Gabriele D’Angelo e Giampiero Giacomello
Da qualche anno se ne fa un gran parlare, ancora di più quando hacker malevoli e misteriosi pirati informatici riescono a compiere qualche azione e intrusione clamorosa, contro i sistemi digitali di istituzioni e aziende.
Cyberspazio e cybersicurezza sono termini entrati ormai nel linguaggio comune, molti sanno che, in qualche modo, la cybersicurezza ha a che fare con password e aggiornamenti software; mentre solo alcuni sanno che riguarda anche lo spam e il phishing, ma quasi nessuno sa che cosa possano essere la crittografia a chiave asimmetrica, gli 0days e gli Atp, ovvero gli Advanced persistent threats. Questo è più che comprensibile, “dato che il cyberspazio e i processi di digitalizzazione oggi in atto in qualsiasi settore delle attività sociali ed economiche non sono di facile o immediata comprensione”, rileva il volume che s’intitola proprio ‘Cybersicurezza’, scritto da Gabriele D’Angelo e Giampiero Giacomello, e pubblicato da Il Mulino.
Trattando questioni che vanno dalla riservatezza delle comunicazioni e dei dati personali alle elezioni via Internet, dal cybercrime e cyberterrorismo alle armi cibernetiche e cyberwarfare, il libro illustra argomenti, casi concreti e spiegazioni per orientarsi meglio nel processo di trasformazione conseguente alla digitalizzazione, e a comprendere il ruolo centrale che la cybersicurezza ha in tutto ciò. Un ruolo molto critico e delicato, e in tanti casi ancora molto oscuro.
Cloud Empires di Vili Lehdonvirta
Nel volume ‘Cloud Empires’, pubblicato in Italia da Einaudi – con sottotitolo che anticipa ‘Come le piattaforme digitali stanno superando gli Stati e come possiamo riprendere il controllo’, Vili Lehdonvirta esplora “l’ascesa dell’economia delle piattaforme verso il dominio completo delle nostre vite”, e propone una via alternativa da seguire. Perché solo se comprendiamo le piattaforme digitali per quello che sono, “vale a dire istituzioni potenti come Stati, possiamo avviare una vera fase di democratizzazione”.
Non solo, fa notare l’autore, docente di Digital social research all’Università di Oxford: “queste piattaforme digitali, per quanto simili agli Stati, non devono rendere conto del loro operato ai cittadini. Possono tassare tutti i profitti e piegare le regole a favore di amici. E lo fanno continuamente”. Ecco perché il volume descrive come questo grande e nuovo universo degli ‘imperi del Cloud’ si stia ulteriormente espandendo e sviluppando, con tutti gli effetti e le conseguenze, dirette e indirette, sulle nostre vite, il nostro lavoro, il modo di vivere e integrare mondo reale e digitale.
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Stefano Casini
Giornalista specializzato nei settori dell'Economia, delle imprese, delle tecnologie e dell'innovazione. Dopo il master all'IFG, l'Istituto per la Formazione al Giornalismo di Milano, in oltre 20 anni di attività, nell'ambito del giornalismo e della Comunicazione, ha lavorato per Panorama Economy, Il Mondo, Italia Oggi, TgCom24, Gruppo Mediolanum, Università Iulm. Attualmente collabora con Innovation Post, Corriere Innovazione, Libero, Giornale di Brescia, La Provincia di Como, casa editrice Tecniche Nuove. Contatti: stefano.stefanocasini@gmail.com