L’intelligenza artificiale avrà diritti e doveri?

L’intelligenza artificiale generativa è, o può essere, soggetto di personalità giuridica e quindi destinataria di un impianto di diritti e doveri? L'analisi di Marco Panella.

29 Dicembre 2023 07:05

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L’intelligenza artificiale avrà diritti e doveri?

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Un classico. Si parla, si cerca un accordo, i tempi si allungano, l’accordo non si trova e alla fine si chiama l’avvocato. Potrebbe sembrare una causa di condominio, ma questa volta il panorama è più ampio visto che a contendere sono giganti della stessa famiglia. Allargata. Con un piede nel secolo scorso possiamo chiamarlo ancora Quinto Potere, con lo sguardo a quello che ci accade intorno facciamo un upgrade e mettiamolo al posto che gli spetta: il Primo.

In effetti parliamo di quell’insieme fluido e magmatico che produce, crea – a volte anche inventa – notizie che diventano informazione e che, a sua volta, esprime capacità di influenza. Non è poco, è praticamente tutto.

LO SCONTRO NYT-OPENAI SULL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE GENERATIVA

I giganti in questione hanno nome e cognome.

Da una parte abbiamo il New York Times, ovvero informazione dal 1851, un sancta sanctorum quantomeno per anzianità, autoreferenziale per nascita. Dall’altra parte Open AI e Microsoft, ovvero Big Tech, ovvero intelligenza artificiale generativa, non primo potere, ma oltre: in termini di capacità economica e di influenza, Superpotere. Da non confondere con supereroi.

Il tema, è noto: intelligenza artificiale generativa. Passo indietro necessario: il data mining è l’attività più redditizia del momento e forse anche di quelli che verranno.

Schematizziamo e per semplicità dividiamo il data mining in buono e cattivo. Esempio facile: l’osservazione della terra dallo Spazio produce fantastilioni (credit: Zio Paperone) di dati in una molteplicità di campi, elaborarli attraverso sistemi di intelligenza artificiale è indispensabile; siamo nel campo del data mining buono.

Altro esempio facile. Le nostre attività quotidiane, in rete e fuori dalla rete, sono profilate; la tessera punti del supermercato, l’app per vedere come saremmo stati nel 1700 o come saremmo a 110 anni, le domande sui motori di ricerca, i siti che visitiamo: siamo nel campo opaco, non paghiamo il servizio, ma siamo il prodotto. Il data mining cattivo, se esiste e probabilmente esiste, si annida da queste parti.

L’intelligenza artificiale generativa non distingue tra data mining buono o cattivo. Il motivo è altrettanto semplice: senza questo, non esiste.

Torniamo a bomba. Metaforica, ma neanche tanto. L’impatto dell’intelligenza artificiale generativa sul nostro quotidiano è e sarà deflagrante. In questo caso non è un giudizio di merito, non dico bello o brutto; è una considerazione asettica rispetto alla capacità di influenza e di accelerazione del cambiamento che l’IA generativa porta ontologicamente con sé.

Il New York Times ha deciso di fare quello che paventava già da alcuni mesi: portare in tribunale Open AI e Microsoft per violazione del copyright. Se pensate di essere al cinema, mettetevi comodi e comprate il pop corn.

La questione è basica. Il New York Times, non avendo trovato l’accordo remunerativo, accusa Open AI e Microsoft di aver addestrato abusivamente i propri sistemi di intelligenza artificiale generativa utilizzando i contenuti della testata come data set, soprattutto di averlo fatto senza autorizzazione. Al di là dell’etica, questo significa guadagno zero per il NYT.

Cambiamo scena e procediamo per analogia anche se l’analogico è prima del diluvio. Io sono un lettore del New York Times, per leggerne gli articoli pago un abbonamento. Io sono un lettore, ma anche un giornalista o uno scrittore o un insegnante o uno sceneggiatore. Mi fermo, ma la lista potrebbe allungarsi di molto. Insomma io sono uno che trae ispirazione da quello che leggo, nutro le sinapsi e la mia sensibilità, ne traggo intuizioni e suggestioni che seguo, sviluppo, ordino, elaboro e trasformo. Ho assimilato un contenuto e ne creo un altro. Dalle tavolette cuneiformi in poi accade così.

DIRITTI E DOVERI

Flashback. Biblioteca Nazionale Centrale, Roma, Castro Pretorio. Decenni che sembrano millenni. Trafila davanti ai cassettini di archivio, compilazione della scheda di prestito, consegna all’impiegato, attesa, prestito del libro, lettura, appunti, restituzione. Il diluvio, quello del digitale, ha reso tutto più semplice, immediato, utile, creativo. Forse anche bello, ma è un altro discorso. La cultura analogica, basata sulla rappresentazione e sulla tutela del vero, ha trovato nel diritto d’autore una pietra miliare.

Rispetto del lavoro, remunerazione del lavoro. Non sempre facile farlo valere, ma nei grandi numeri ha funzionato ed ha temperato il mercato con la creaJvità.

La cultura digitale ha reso labile il concetto di vero, ha insinuato il verosimile, ha espanso il falso, o meglio il non vero. Nella cultura digitale la pietra miliare di cui sopra, ovvero il diritto d’autore, non indica più il percorso, non perché non sia eticamente giusta, ma solo perché in una strada diversa questa perde significato, essenza e funzione.

La remunerazione della creatività nell’economia digitale non sarà nella tutela originaria protratta nel tempo, ma nella creazione continua. Nessuna rendita, ma processo continuo, faticoso, effervescente. Dal punto di vista dei contenuti, l’ecosistema digitale è onnivoro e fagocitante; quello che viene messo in rete è perso, diventa di tutti, attualizza il concetto di res nullius. Può piacere o meno, ma è quello che accade ogni giorno ed è un’accelerazione straordinaria verso il futuro. Straordinaria non come giudizio di merito, ma come constatazione.

Dal punto di vista giuridico, la corte che sarà chiamata a dirimere la questione sollevata dal New York Times non avrà compito facile. La tutela del copyright nel digitale è spinosa ed elude la cognizione giuridica tradizionale, ma quello che probabilmente si troverà ad affrontare strada facendo è ancora più spinoso e prospetta una riflessione vastissima. L’intelligenza artificiale generativa è, o può essere, soggetto di personalità giuridica e quindi destinataria di un impianto di diritti e doveri?

L’evoluzione dell’intelligenza artificiale da generativa a senziente non è fantascienza, è questione di attimi. Forse no ce ne siamo accorti, ma il pop corn è finito, i titoli di coda scorrono e tra poco dovremo uscire dal cinema.

Fuori potrebbe fare freddo e forse Doc con la sua DeLorean è già partito.

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