Per la prima volta, gruppi di artisti stanno facendo causa alle aziende produttrici di AI generativa. A motivare tale attacco il mancato rispetto del copyright e le inesistenti tutele previste per i creativi.
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Solo rispetto a qualche mese fa, il nostro modo di pensare le immagini, l’arte e l’interazione con le macchine è cambiato per sempre: grazie ai modelli di deep learning, infatti, l’Intelligenza Artificiale è ora in grado di produrre composizioni basandosi soltanto su istruzioni testuali. E il miglioramento è continuo: con il passare del tempo le immagini realizzate dalle macchine sono via via sempre più realistiche; intanto, le stesse AI diventano virali e diffuse (basta pensare al successo dell'ultimo progetto lanciato da Binance, Bicasso).
Secondo la community del Web 3, quello dell'AI è certamente un inizio promettente; ma la pensano diversamente i creativi, che mano mano stanno esprimendo una preoccupazione sempre più forte circa il mancato rispetto della legge sul copyright. E mentre proteste e perplessità crescono, ci si chiede se gli artisti che collaborano con l’AI possano realmente definirsi tali.
La questione del consenso
Una delle principali problematiche al centro del dibattito ha a che fare con il consenso. I sistemi di intelligenza artificiale sono addestrati partendo da enormi quantità di dati, che vengono recuperati da miliardi e miliardi di immagini già esistenti. Queste, però, sono prelevate da centinaia di domini internet casuali, e utilizzate senza che nessuno dia il proprio consenso. Ma le reazioni degli artisti non stanno tardando ad arrivare, e le prime controversie legali aprono un lungo scontro.
I primi allarmismi
I primi allarmismi sulla gestione del consenso sono sorti alla fine del 2022, quando gli esperti hanno evidenziato che molte questioni legate all'AI avrebbero richiesto una definizione netta da parte del sistema giudiziario. A gennaio 2023, però, il quadro della situazione è velocemente degenerato. Per la prima volta è stata aperta un'azione legale collettiva contro tre società che producevano generatori di arte AI: MidJourney, Stability AI (la società di Stable Diffusion) e DeviantArt.
A muovere la querela Sarah Andersen, Kelly McKernan e Karla Ortiz, tre artisti che hanno evidenziato che le aziende chiamate in causa violavano i diritti di milioni di creativi: stavano usando miliardi di immagini disponibili online per addestrare la loro AI senza aver avuto alcun consenso.
Il vero problema
Uno dei punti nodosi della questione ha a che fare con il fatto che questi programmi non generano immagini basandosi solamente sul testo, ma arrivano anche a imitare precisamente lo stile di qualsiasi artista vivente che, in pochi secondi, può così essere completamente sostituito dalle macchine.
In un’editoriale rilasciato per il New York Times, Sarah Andersen parla di come si è sentita quando si è resa conto che l’AI poteva sostituirla nel suo lavoro:
“L'idea che qualcuno potesse digitare il mio nome in un generatore e produrre un'immagine nel mio stile mi ha subito disturbato. Non si trattava di un essere umano che creava fan art e nemmeno di un troll malizioso che copiava il mio stile; questo era un generatore che poteva sputare diverse immagini in pochi secondi”.
Una violazione del copyright
Le immagini che vengono utilizzate liberamente per addestrare le AI sono in realtà protette da copyright; secondo i querelanti e i loro avvocati, ciò significa che qualsiasi riproduzione delle stesse senza autorizzazione ne costituirebbe una violazione. Le aziende che le usano, infatti, finiscono per beneficiarne commercialmente, traendone anche grandi profitti.
Un danno, dunque, tutt’altro che ipotetico: ad esempio, è molto probabile che l’AI finisca per sottrarre agli artisti le classiche “commissioni”; e in un futuro non troppo lontano, non è improbabile che l’intelligenza artificiale finisca per sostituirli completamente.
La dottrina del fair use
I sostenitori e gli sviluppatori degli strumenti di intelligenza artificiale, però, sembrano pensarla diversamente. In particolare, si difendono rifacendosi alla dottrina del fair use, per la quale sarebbe possibile utilizzare materiale protetto da copyright senza ottenere l'autorizzazione dal titolare dei diritti.
Come concluso da un portavoce di Stability AI:
"Chiunque creda che questo non sia un uso corretto non capisce la tecnologia e fraintende la legge".
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