- 21 Dicembre 2022 08:03
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Case giapponesi in confusione sulle auto elettriche
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Mentre il numero 1 di Toyota sferra un nuovo attacco ai sostenitori della mobilità elettrica quale sola soluzione per la riduzione delle emissioni, la Casa delle Pleiadi potrebbe concentrare le proprie attenzioni sulle elettriche e sulle ibride full dismettendo i modelli plug-in. Che succede in Giappone?
Se gli USA e l’UE corrono con convinzione verso l’elettrico quale sola tecnologia per mitigare le emissioni delle auto (restano in piedi tutti i quesiti sull’impatto ambientale dell’energia necessaria per produrre e poi alimentare le auto elettriche per tutto il loro ciclo di vita, nonché l’impatto della produzione delle batterie), il Giappone continua a contorcersi non riuscendo a comprendere se accodarsi o seguire un’altra via. Non è un interrogativo da poco per l’arcipelago che include, tra i suoi marchi storici, quello che dodici mesi fa si è imposto nei 50 Stati USA, diventando il brand più diffuso in America: Toyota. E proprio il Ceo di Toyota, Akio Toyoda, resta uno dei più noti detrattori della mobilità elettrica. Ma andiamo con ordine.
SUBARU NON FARA’ ALTRE IBRIDE ALLA SPINA
Partiamo infatti da Subaru, marchio che fa subito venire in mente motori potenti, affidabilità nipponica e soprattutto il rombo baritonale delle auto da rally. Subaru, almeno secondo quanto riferisce il quotidiano giapponese Nikkei (solitamente ben informato), avrebbe deciso di rivoluzionare il proprio piano industriale e di concentrare le proprie attenzioni sulle elettriche e sulle ibride full non alla spina, con l’obiettivo di tagliare i costi e non disperdere risorse su modelli non troppo richiesti nei concessionari.
Attualmente, l’offerta di Phev del costruttore giapponese noto e amato in tutto il mondo soprattutto per la storica Impreza, è limitata a una specifica variante della Crosstrek, che potrebbe sparire dai listini del ‘nuovo’ già a partire dal 2023.
TOYODA FULMINA ANCORA I SOSTENITORI DELLE AUTO EV
Nel mentre, risuonano cupe le parole che Akio Toyoda, nel suo doppio ruolo di numero 1 di una delle maggiori case giapponesi e di presidente dell’associazione automobilistica dei costruttori di auto della nazione del Sol Levante, ha recentemente pronunciato durante una visita in Thailandia: “Le persone coinvolte nell’industria automobilistica sono in gran parte una maggioranza silenziosa. Questa maggioranza silenziosa si sta chiedendo se i veicoli elettrici vadano veramente bene come unica opzione, ma pensa che sia solo una moda e quindi non può alzare la voce”.
“Poiché la risposta giusta non è ancora chiara, non dovremmo limitarci a una sola opzione”, ha proseguito Toyoda, da sempre sostenitore della neutralità tecnologica, che imporrebbe ai governi di finanziare infrastrutture multiple e non solo centraline per la mobilità elettrica. “Due anni fa – ha quindi chiosato -, ero l’unica persona a fare questo tipo di dichiarazioni”.
IL MONITO DEL CEO DI TOYODA
E in effetti a scorrere le esternazioni del numero 1 di Toyota, che pure 30 anni fa aveva sorpreso il mondo con la Prius (oggetto del desiderio di tutte le star di Hollywood dall’animo green), possiamo confermarne la coerenza.
Ancora di recente, parlando agli industriali del suo Paese, aveva dichiarato: “Il Giappone è dipendente dalle esportazioni, perciò, la neutralità del carbonio equivale a una problematica occupazione per il Paese. Alcuni politici dicono che dobbiamo trasformare tutte le auto in veicoli elettrici o che l’industria manifatturiera è obsoleta, ma non credo che sia così. Per proteggere i posti di lavoro e di conseguenza anche la vita dei giapponesi, penso che sia necessario guardare al nostro futuro lavorando nella più giusta direzione fatta finora”.
Lo scorso anno, sempre il ceo Toyoda aveva portato a sostegno della sua tesi sulla necessità di procedere con una transizione ecologica più ragionata e meno repentina il fatto che il Giappone produce circa 10 milioni di veicoli all’anno, di cui circa il 50% viene esportato: ebbene, le previsioni ipotizzano che l’industria nipponica possa produrre 8 milioni di veicoli all’anno solo con il contributo dei motori a combustione, inclusi ibridi e Phev, anche nel 2030, mentre la loro eliminazione per legge paralizzerà il mercato del lavoro.
“Ciò significa che la produzione di 8 milioni di unità andrebbe persa e l’industria potrebbe rischiare di dover rinunciare alla maggior parte dei 5,5 milioni di posti di lavoro”, aveva ammonito Toyoda. “Se i motori a combustione interna sono il nemico, probabilmente non saremo più in grado di produrre quasi tutti i veicoli che oggi assembliamo con tutte le conseguenze negative che da tale situazione discenderebbero per la nostra economia”.
CHE FA TOYOTA CON LE AUTO ELETTRICHE
Toyota comunque ha in cantiere un robusto piano per la transizione verso le auto elettriche, sebbene secondo alcune voci di corridoio potrebbe apportare significative modifiche ai suoi progetti più rilevanti. Il colosso nipponico, accusato dagli ambientalisti di essere partito con ritardo e poca convinzione sul fronte della mobilità a basso impatto, avrebbe in programma di incontrare all’inizio dell’anno prossimo i suoi principali fornitori per illustrare sostanziali correzioni alla strategia da 30 miliardi al 2026, presentata alla fine del 2021.
In cantiere Toyota ha il lancio di 16 auto elettriche ma adesso alcuni programmi per lo sviluppo delle eredi delle due prime elettriche pure (la Toyota bZ4X e la Lexus RZ) rischiano di slittare. A proposito di Lexus, non dimentichiamo che, secondo quel piano industriale, il marchio premium da qui al 2035, infatti, dovrebbe offrire esclusivamente auto a batteria nei suoi mercati principali.
Nel complesso, le strategie annunciate prevedevano investimenti per 8 mila miliardi di yen (62,4 miliardi di euro) sui veicoli elettrificati, di cui 4 mila miliardi solo sulle elettriche. Le risorse stanziate sarebbero dovute essere funzionali a raggiungere l’obiettivo di vendere ogni anno 3,5 milioni di veicoli elettrici già entro il 2035, quasi il doppio rispetto al precedente target di 2 milioni di mezzi a zero emissioni fissato, però, per il 2030.
IL GIAPPONE TASSA LE AUTO ELETTRICHE?
Tutto questo mentre il governo giapponese sta valutando la possibilità di riformulare i delicati equilibri delle tasse automobilistiche che possono arrivare fino a 110 mila yen (ovvero circa 760 euro), con regime speciale fissato a 25 mila yen per i veicoli a batteria o all’idrogeno. Sulla base del principio più inquino, più pago, infatti, anche in Giappone chi guida auto di cilindrate maggiori è sottoposto a una imposizione più elevata: non vale però per le elettriche.
Fatti due conti, se chi oggi ha supercar V8 o V6 le rottamasse per passare all’equivalente EV, il mancato gettito per lo Stato sarebbe significativo, per questo nel governo si pensa di replicare il medesimo modello per le imposte sulle auto diesel e benzina, tassando quindi le elettriche in base alla potenza del propulsore.
IL MANCATO GETTITO E LE PROPOSTE
Del resto, secondo i dati ufficiali vagliati dai vari dicasteri al lavoro sulla riformulazione, a fronte di una presenza delle auto elettriche stimata tra l’1% e il 2% delle vendite in Giappone, il gettito quest’anno sarà già il 14% in meno rispetto al record del 2002. Soldi che da qualche parte andranno trovati.
C’è chi propone che il nuovo bollo per le auto elettriche sia parametrato sui chilometri percorsi, ma così si rischia di svantaggiare la classe media, che solitamente usa i mezzi privati per spostarsi, avvantaggiando i più ricchi.
IL GIAPPONE SORPASSATO DA CINA E SUD COREA?
Per questo non si esclude un dibattito pubblico sul tema. I costruttori però fanno notare che una simile riforma, ora, potrebbe fermare l’acquisto delle auto elettriche, tanto più che il governo nipponico, a differenza di UE e in parte USA, non ha ancora ufficializzato alcuna roadmap per l’addio agli endotermici, fissata genericamente al 2035 ma mai bollata in via definitiva.
E mentre il governo tentenna, i marchi faticano a trovare le risposte: una situazione che potrebbe portare il Giappone a perdere il proprio ruolo cruciale nel comparto dell’automotive mondiale a scapito della Cina e della Corea del Sud, molto più avanti nello sviluppo di auto elettriche.